Non passa così, da sola. Ma non è nemmeno una battaglia che si vince. È un sintomo. Che porta allo scoperto quello che fa male dentro. La paura, il vuoto, l’abbandono, la violenza, la collera. È un modo per proteggersi da tutto ciò che sfugge al controllo. Anche se a forza di proteggersi si rischia di morire."
Non è un caso se ho scelto questa frase: 'non è come un raffreddore'. Perché lo si diceva anche del Covid, che fosse come un raffreddore. E poi non lo è stato. È stato molto di più. È stato, ed è tutt'ora, uno stallo obbligato in cui ci si è trovati faccia a faccia con le proprie fragilità e debolezze.
È stato un tunnel ancora più infinito e una luce che scompare, per alcune persone.
È stato un chiudersi ancora più in se stessi, quando i sorrisi delle altre persone e il comunicare con loro e condividere la quotidianità non hanno più potuto essere terapia. Una terapia inconsapevole ma efficace.
È stato uno scontro con ciò che si è sempre avuto paura di scoprire.
È stato un guardarsi allo specchio e non riconoscersi più.
Perché ne parlo? La vera domanda è 'Perchè non se ne dovrebbe parlare?'. Se fossimo più abituati a vivere la tristezza e il senso di inadeguatezza come una cosa normale forse nessuno si sentirebbe sbagliato, e non nascerebbero tanti altri problemi che diventano substrato di patologie.
E mi sembra ancora più importante fare questo discorso qui, dove si mostrano sempre e soltanto le cose belle. Mi sento di parlarne, perché questa situazione globale ha creato più danni di quelli che si potesse immaginare. Perché anche le terapie intensive dell'anima sono affollate e sono quelle che nessuno può vedere.
Perché ne parlo? Perché non vorrei mai che nessuno si sentisse solo o abbandonato. Perché vorrei ricordare a chi ne ha bisogno che è più forte di quanto creda. E che lo inizia ad essere quando scopre le proprie debolezze perché ci vuole un coraggio immenso per guardarsi dentro. Non c'è rinascita senza prima una caduta. Non c'è rivoluzione senza crisi. Non è la storia che vi raccontano per farvi piacere; è la storia che scrivete quando iniziate a lottare per voi stessi. E avrà sempre un lieto fine, ve lo prometto.
{Per la ricetta dell'apple pie, ho usato quella Romina (unire 350 g di farina di farro a 6 g di lievito, un cucchiaino di cannella e un pizzico di sale; miscelare a parte 80 g di olio vegetale, 120 g di dolcificante liquido a piacere e 60 g di acqua; unire le due componenti secche e umide e impastare fino ad ottenere un panetto. Il ripieno sono 3 mele (cotte per 6 minuti a 600 W in microonde, con 2 cucchiai d'acqua, e lasciate raffreddare), una manciata di uvetta, tanta cannella e due cucchiai di zucchero. Cottura per 30 minuti a 180°C 🧡}
Ti ho vista commentare in giro e sono passata a curiosare.
RispondiEliminaPurtroppo per me che sono operatore sanitario questo periodo è davvero molto duro e le ripercussioni a livello fisico e mentale non si sono fatte negare.
Trovo sollievo nella cucina e nella fotografia.
Complimenti per il tuo blog e le tue fotografie che trovo molto curate.
Lo capisco e ti sono vicina. Io studio medicina, quest'anno non ho potuto frequentare lospedale, ma non c'è stato giorno in cui non vi pensassi. Quindi grazie, sei forte.
EliminaGrazie a te e al tuo sensibile post.
EliminaQuesta situazione sta davvero mettendo alla prova tutti, è un continuo stress psicologico che ci porta a vedere sempre tutto negativamente. E ci fa guardare dentro noi stessi e a volte quello che si vede non è quello che si vorrebbe vedere. Ma dobbiamo vederlo come un stimolo per reagire
RispondiEliminaquesto lo spirito giusto!
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