/Odi et amo
Quare id faciam
Fortasse requiris/.
Ho ancora in testa la voce decisa e piena di pathos della mia professoressa di Latino intenta a leggere in metrica i versi di Catullo. Io, la metrica, non sono certa di averla mai imparata. Ma posso dire che, solamente andando ad orecchio, mi è sempre andata bene. La musicalità delle parole, delle crasi tra le stesse e degli accenti modificati dalla lettura, mi divertiva e affascinava al tempo stesso.
Lei passeggiava tra i banchi con il libro aperto in una mano e l'altra che si agitava come fanno i direttori d'orchestra per segnare il tempo.
E quando il suo sguardo non era posato sulle pagine, scrutava probabilmente le nostre facce. Alcune delle quali, sicuramente, tradivano il fatto che con la mente fossero da tutt'altra parte.
Quante cose siamo capaci di amare e odiare al tempo stesso? Tutte quelle che per noi hanno un significato, che vogliamo sposare per la vita, ma che al tempo stesso ci richiedono enormi sacrifici. E' una dicotomia costantemente presente in questi ultimi tempi, per quanto mi riguarda: mi sono sempre dedicata molto allo studio, ottenendo i risultati a cui ambivo, ma mettendo da parte tutto il resto. Tutti quei piccoli momenti d'amore che l'ansia non mi permetteva di vivere appieno. Me li faceva ritenere di secondaria importanza. Prima il dovere e poi il piacere, ma il tempo per il piacere non c'era mai e io a poco a poco, senza accorgermene, diventavo triste e nervosa. Ero io, che mi facevo abbindolare così facilmente, da qualcosa che mi prometteva ciò che desideravo. Questo è l'errore ripetuto che fa chi non ha mai imparato ad ascoltarsi. Spegnere tutto il resto, e restare in ascolto di sè.
Se mi guardo indietro, mi dico che sono stata stupida. Che ho sì ottenuto ciò che speravo, ma che mi sono persa tantissime, troppe altre cose. E il tempo non è un filo che si può riavvolgere per tornare al punto in cui ci si è fermati.
Gli anni della facoltà di Medicina sono così, non consentono di avere molto di più che una sedia, un libro e un bagaglio di conoscenze - che oltretutto, ahimè, inevitabilmente finisci per dimenticare parzialmente. Ma cosa orbita, esattamente, attorno a tutto questo? Un sacco di altre cose di cui ho deciso di non volermi più privare. Quindi sì: per quanto io mi emozioni e commuova di fronte alla passione di certi professionisti, ai quali a distanza di anni brillano ancora gli occhi, nei gesti dei quali si legge chiaro che non vorrebbero essere altrove a fare nient'altro, per quanto io sia grata della loro infinita dedizione, per quanto io apprezzi enormemente quando coinvolgono anche te e per quanto tutto questo mi faccia desiderare di essere anche io, un giorno, come loro, ho sentito bisogno di equilibrio. Quell'equilibrio che non ho mai messo veramente in ciò che facevo.
Circa un anno fa un interruttore si è acceso dentro di me. Mi ha portata a fare luce sugli angoli più bui. Aprire cassetti che tenevo sempre ben chiusi, per quanto fossero pulsanti di vita e desideri. Basta numeri. Un voto. Un peso. Tot ore di studio. Un numero indefinito ma infinito di occasioni perse. Ore di sonno risicate. Una taglia. Una classifica. Una conta calorica. Minuti di esercizi. Ho sentito il bisogno di arte, di fantasia. Di acquerelli, ricette, profumi, pensieri a colori nero su bianco, anime affini, sorrisi veri. Di una libertà che non può stare dentro ad una griglia, ad uno schema. La mia creatività è la mia ribellione.
Banana bread vegan e senza zuccheri aggiunti
(ispirato ad una ricetta di Romina Coppola):
Ingredienti (per uno stampo da plum cake lungo 23-25 cm):
farina integrale, 250 g
farina di mandorle, 70 g
lievito per dolci in polvere, 12 g
cannella in polvere, 1 cucchiaino
sciroppo di riso (o d'acero, d'agave, malto d'orzo, ecc.), 150 g
burro di frutta secca (arachidi, sesamo, ecc.), 60 g
banane mature, 2 per l'impasto + 1 per la decorazione
latte vegetale non zuccherato, 130 g
gocce di cioccolato, 100 g
In un recipiente grande unire la farina integrale con quella di mandorle, il lievito, la cannella e le gocce di cioccolato. Unire il burro di frutta secca, il dolcificante e il latte vegetale e dare una bella mescolata con una frusta a mano per ottenere un composto privo di grumi cercando di incorporare un po' di aria (in alternativa, usare le fruste elettriche).
Frullare due banane e aggiungerle all'impasto mescolando bene.
Versare il composto nello stampo da plum cake oliato e infarinato e decorarne la superficie con la terza banana tagliata longitudinalmente (o anche, se preferite, a rondelle). Cuocere in forno preriscaldato a 190°C, ventilato, per circa 50 minuti. Se dovesse scurirsi troppo in cottura, coprirlo con un foglio di carta d'alluminio e proseguire per il tempo indicato: la presenza delle banane frullate nell'impasto lo rende umido e appesantito, per questo è necessario un tempo di cottura piuttosto prolungato.
In ogni caso, verificare la cottura con la prova stecchino, che dovrà uscirne pulito e appena umido.
Frullare due banane e aggiungerle all'impasto mescolando bene.
Versare il composto nello stampo da plum cake oliato e infarinato e decorarne la superficie con la terza banana tagliata longitudinalmente (o anche, se preferite, a rondelle). Cuocere in forno preriscaldato a 190°C, ventilato, per circa 50 minuti. Se dovesse scurirsi troppo in cottura, coprirlo con un foglio di carta d'alluminio e proseguire per il tempo indicato: la presenza delle banane frullate nell'impasto lo rende umido e appesantito, per questo è necessario un tempo di cottura piuttosto prolungato.
In ogni caso, verificare la cottura con la prova stecchino, che dovrà uscirne pulito e appena umido.
0 COMMENTI:
Posta un commento