mercoledì 17 marzo 2021

Pane dolce da colazione e pensieri sconclusionati

breakfast bread

"Ho avuto la fortuna di accoglierlo con tanta naturalezza nella mia vita e gli ho lasciato modo di agire nel momento in cui avevo bisogno. E se quella cosa non fosse successa io non so se potremmo fare questa chiacchierata oggi. E mi sento in dovere di raccontarla questa cosa, fino alla nausea, perché magari domani questo racconto può essere utile per qualcun altro."

La parola "cosa" assume un significato personale per ognuno e dietro a queste quattro lettere può nascondersi un mondo di angolo bui, di sentieri non battuti, di immagini indecifrabili. 
"Cosa" è sinonimo di tutto ciò che non si riesce a pronunciare, perché la presa d'atto dell'esistenza di qualcosa spesso inizia quando la si chiama per nome. Dare un nome alle cose significa fare sì che assumano forma e concretezza e significato universale e a volte non lo si fa, per paura che liberarle da sé vomitandole in una parola che fluttua nell'aria le possa trasformare in qualcosa di molto più grande di noi, che sfugge ad ogni tipo di controllo, ingovernabile. Una nebbia fitta che annienta la vista e rende incerti i passi, una pioggia battente che coglie alla sprovvista nel mezzo di una giornata di sole. 
Ma se invece non fosse così?
Non sempre serve credere che avere il controllo delle cose sia necessario per affrontarle perché non sempre il controllo è l'arma giusta da adoperare. E non sempre serve sentirsi all'altezza di ciò che non ancora si conosce per decidere di includerlo nella propria vita.
Ho imparato ad amare i percorsi più delle mete a cui conducono, ho appreso l'importanza delle pause e dei passi lenti per accorgermi che se il cielo poteva essere così luminoso era solo perché avevo avuto il coraggio di chiamare per nome quella cosa e insieme a lei infinite altre. Guardarle in faccia e capire che l'idea di esse era più immensa di quanto non fossero realmente. Capire che possono essere ridimensionate, rese inoffensive, arginate, spente.
french toast with homemade bread
La verità è che chiamare le cose con il loro nome è il primo colpo da sparare per allontanarla, quella nebbia, e non per lasciarle prendere il sopravvento. Perchè è quando la si ignora, forse, che lei già esiste. E allora denominare diventa una presa di coscienza, il primo anello da rompere, la prima porta da scardinare.
"Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio." Questo è ciò che mi sento in dovere di raccontare. Che soprattutto da una "cosa" nascono infinite altre cose, che fanno molta più luce di quanto si creda.  


Pane dolce da colazione
(da una ricetta di Elena Mazzetto)
Ingredienti (per uno stampo da plumcake di 25 cm di lunghezza):
farina manitoba, 300 g
farina 0, 100 g
latte vegetale, 220 g
zucchero di canna, 65 g
lievito di birra fresco, 12 g
olio di cocco, 2 cucchiaini
sale, 2 g
estratto di vaniglia, 1 cucchiaino
confettura di albicocche, 1 cucchiaio (facoltativa)

In una ciotola, unire farine, zucchero, sale e vaniglia. Mescolare bene. 
Fare intiepidire il latte e sciogliervi il lievito sbriciolato, quindi aggiungerlo agli ingredienti secchi e iniziare a lavorare il tutto con una forchetta. Aggiungere anche la confettura e l'olio di cocco.
Proseguire impastando a mano fino ad ottenere un impasto liscio, quindi porlo in una ciotola leggermente oliata, coprire con pellicola e canovaccio, trasferire in un luogo tiepido.

Attendere fino al raddoppio (circa 3 ore).

Trascorso questo tempo, dividere la palla di impasto in 6 pezzi e lavorarli leggermente per formare delle piccole palline. Disporle in una teglia leggermente oliata e coprire con pellicola+canovaccio.
Lasciare lievitare fino al raddoppio in un luogo tiepido, anche qui circa 3 ore.

Trascorso questo tempo, spennellare la superficie con un po' di latte e, se gradita, distribuire un po' di granella di zucchero a piacere. Cuocere per circa 20 minuti in forno preriscaldato a 180°C statico. 
Non appena sfornato è possibile spennellarlo con uno sciroppo dolcificante allungato con un po' d'acqua. 

Per il french toast dovete semplicemente intingere le fette nel latte e poi farle dorare in padella spennellata con un po' di olio di cocco.

4 commenti:

  1. Anche io spesso denominavo "Cosa" ciò che non riuscivo a pronunciare, non è facile da spiegare ma ci sei riuscita perfettamente. Quando dai un nome ad una cosa è come se diventasse reale e spesso si ha paura. Ma bisogna sconfiggere le paure e guardare diritto, io lo sto facendo e sono molto serena.
    Il tuo pane mi piace molto, bravissima.
    Buona giornata

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Succede esattamente così. A volte guardarsi dentro fa perdere l'orientamento, non si sa da dove iniziare, ma poi diventa un esercizio e porta a grandi risultati. Per se stessi soprattutto :)

      Elimina
  2. io sono una persona molto pratica, amante della capacità della scienza di chiarire e spiegare "le cose". Amo guardare "la tigre negli occhi". La nebbia impedisce di decidere come agire, la nebbia paralizza

    RispondiElimina